Terra! La scoperta delle Americhe nei diari di Fernando Colombo, 1571
Alessandra Basso
Bibliotecaria
Ricercatrice esperta in libri antichi
I libri di viaggi in particolar modo quelli sulle scoperte transoceaniche costituiscono un soggetto molto affascinante.
La curiosità per i racconti di mare è, dai tempi più remoti, uno dei segni del desiderio dell’uomo di elaborare nella propia mente la realtà in chiave simbolica e fantastica. Il viaggio per mare verso terre ignote è un sogno selvaggio, pericoloso, ma infinitamente liberatorio: è vita, in purezza.
In particolare mi è sembrato degno di nota sia per l’argomento che per l’autore del testo un libro scritto cinquecento anni fa pubblicato postumo nel 1571 a Venezia, intitolato:
Historie del s.d. Fernando Colombo; nelle quali s’ha particolare, & vera relatione della vita, & de’ fatti dell’ammiraglio d. Christoforo Colombo, suo padre. Et dello scoprimento, ch’egli fece dell’Indie Occidentali, dette Mondo Nuouo, hora possedute dal sereniss. re catolico. Nuouamente di lingua spagnuola tradotte nell’italiana dal s. Alfonso Ulloa, Venezia, Francesco de Franceschi, 1571.

Frontespizi
https://edit16.iccu.sbn.it/titolo/CNCE012801
L’autore di questo testo è Ferdinando <1488-1539> il figlio illegittimo di Cristoforo Colombo, secondogenito del grande navigatore genovese e fratellastro di Diego, famoso per la sua passione bibliofila e per la sua sterminata Biblioteca che aveva radunato a Siviglia, la Biblioteca Colombina, o Hernandina; la Biblioteca che è posizionata all’interno della Cattedrale esiste ancora, nonostante le grandi dispersioni di testi, ed è visitabile e aperta al pubblico. Fortunatamente è arrivato intatto ai nostri giorni l’inventario manoscritto della biblioteca con l’elenco dei volumi, il cui numero raggiunse i quindicimila volumi. La caratteristica di questa biblioteca era quella del sistema di classificazione utilizzato da Fernando per fare l’inventario dei libri che collezionava: annotò personalmente la data e il luogo di acquisto, nonché il prezzo, di ciascuna delle opere possedute; conservava anche manoscritti autografi del padre. Si può anche vedere il timbro ex-libris visitando questo sito che censisce l’archivio possessori della bIblioteca Marciana di Venezia e di altre biblioteche italiane aderenti: https://archiviopossessori.it/archivio/1386-biblioteca-colombina
Siviglia si contende con la Repubblica dominicana (l’antica Hispaniola) il luogo dove riposano le spoglie dell’Ammiraglio, come viene chiamato Cristoforo Colombo nel testo in questione. La sua morte avvenne il 20 maggio 1506 nella città di Villadolid, e fu sepolto in Spagna nella cattedrale di Siviglia, ma per rispettarne le ultime volontà nel 1537 fu portato sull’isola di Hispaniola, nei Caraibi, allora colonia iberica. Fin qui tutte le cronache sembrano concordare. Quando però nel 1795 la Francia assunse il controllo di Hispaniola, sembra che i resti del navigatore siano stati spostati a Cuba, dove sarebbero rimasti fino all’inizio della guerra ispano-americana, per tornare infine in Spagna nel 1877, a Siviglia. La Repubblica Dominicana sostiene invece che il corpo non sia mai stato trasferito da Hispaniola, e porta a testimonianza il ritrovamento di una cassa nella Cattedrale di Santo Domingo con l’iscrizione “resti del glorioso ed eminente Cristobal Colon”.
La sua unica opera quantomeno rimasta fino ai nostri giorni sono appunto le Historie del s.d. Fernando Colombo (Vida del Almirante Don Cristobal Colon) pubblicate in prima edizione a Venezia con la traduzione in volgare italiano di Alfonso de Ulloa nel 1571 dallo stampatore di origine senese Francesco de Franceschi. Trattasi di un libro di piccolo formato in 8° di circa 500 pagine; curiosa la grafica del frontespizio in alcuni esemplari c’è la marca dello stampatore, la Pace (donna in piedi con ramo d’olivo nella destra e fiaccola capovolta nella sinistra), in altri esemplari un mazzo di fiori con un nastro (come si può notare dalle riproduzioni allegate).
Analizzando questo testo uscito in unica edizione, 30 anni dopo la morte del suo autore, e mai più edito fino alle ristampe novecentesche, colpisce la dedica ad un non molto famoso Baliano o Bagliano De Fornari, fatta da Giuseppe Moleto, il curatore, matematico e cartografo attivo a Venezia in quegli anni e già collaboratore dello stampatore Francesco de Franceschi. E’ proprio nella prefazione che viene citata la Biblioteca che Ferdinando aveva lasciato alla “Chiesa maggiore di Siviglia … la quale, da coloro che l’hanno veduta viene stimata delle più rare cose di tutta Europa”.
La digitalizzazione completa della Historie si può trovare a questo link
https://books.google.it/books?id=qOHnTmUJTxQC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
Leggiamo dunque con le parole di Ferdinando il momento in cui gli spauriti e ormai senza speranza esploratori avvistarono le Americhe:
“… in mezzo a questo intreccio di trame politiche, terrorismo religioso e brama di guadagni che alle 8 del mattino del 3 agosto 1492 tre caravelle partivano dal Porto di Palos, comandate da Cristoforo Colombo e dopo una navigazione di dieci settimane, si imbattevano nella sperduta isola delle Bahamas, chiamata Guanahani dalla popolazione indigena che la abitava e ribattezzata dall’Ammiraglio del Mare Oceano San Salvador, forse perché lo aveva salvato da un possibile fallimento dell’impresa o da un ammutinamento della ciurma.
Venuto adunque il giorno, videro che era una Isola di XV leghe di lunghezza, piana, e senza montagne, piena di alberi molto verdi e di bellissime acque, con una gran laguna in mezzo, popolata da molte genti, che con non minor desiderio concorrevano alla marina, tutti stupiti e meravigliati per la vista dei navigli, credendo che fossero alcuni animali; e non vedevano l’ora di accertare cosa fossero. Nè i Cristiani men fretta avevano di sapere chi essi fossero; il desiderio dei quali tosto fu soddisfatto: infatti, messi i ferri nell’acqua (=calate le ancore), l’Ammiraglio si diresse a terra con la scialuppa pavesata con la bandiera con la croce verde e le insegne dei Re Cattolici.
E avendo tutti reso grazie a Nostro Signore, inginocchiati a terra, e baciatala con lagrime di allegrezza per l’immensa grazia ch’egli lor fatta aveva, lo Ammiraglio si levò su, e mise nome a quell’isola San Salvatore. Poi con la solennità e parole che si ricercano, tolse il possesso in nome dei Re Cattolici, presente molta gente della terra che vi si era ridotta; e per conseguenza i cristiani accettarono lui per ammiraglio e Vice re e gli giurarono ubbidienza, come a colui che rappresentava la persona delle loro Altezze, con tanta allegrezza e piacere, quanto di così fatta vittoria era cosa giusta che avessero; chiedendogli tutti perdono delle ingiurie che per la loro paura ed incostanza gli avevano fatte. Alla qual festa e allegrezza essendo concorsi molti Indiani, vedendo lo Ammiraglio ch’era gente mansueta, quieta e di grande semplicità, donò loro alcuni cappelletti rossi e corone di vetro, le quali essi si mettevano al collo; e altre cose di poco valore che da lor furono stimate assai più che se fossero state pietre di molto prezzo.”
Il 28 ottobre 1492 Colombo, nel suo peregrinare tra le isole, raggiunse Cuba e cominciò ad esplorarla: i primi segni di attività umana furono rappresentati da due capanne piene di attrezzi per la pesca ch’egli raccomandò di non toccare. Il genovese era infatti convinto che quelle isole facessero parte dell’Asia e dell’impero del Gran Khan e non voleva creare problemi diplomatici. Nei giorni successivi avvistarono villaggi, senza però riuscire ad avvicinare gli abitanti che appena li vedevano arrivare, fuggivano abbandonando le loro case. Finalmente, riuscì a stabilire un contatto, inviando a terra un indio di Guanahani che aveva preso a bordo come guida e che riuscì a tranquillizzare gli abitanti di un villaggio; il 4 novembre lo stesso Colombo parlò con gli abitanti del villaggio ai quali mostrò campioni di cannella e, di pepe, di perle e d’oro ed essi gli dissero che la cannella e il pepe erano presenti nella loro isola, mentre l’oro e le perle si potevano trovare in un’altra isola che loro chiamavano Bohio.
Colombo si recò altre quattro volte in America e il suo ultimo viaggio fu particolarmente avventuroso e durò circa due anni; fu accompagnato dai suoi fratelli Diego e o Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando, appunto il nostro autore; le quattro navi concesse loro dal Re erano La Capitana, Santiago, Gallega, pilotata da Pedro de Terreros, e Vizcaina, comandata da Bartolomeo Fieschi, che salparono da Cadice il 9 maggio 1502. L’Ammiraglio era malato e invecchiato tanto da non poter prenderne il comando, e tra mille traversie dovette rimanere per quasi un anno a Giamaica in attesa che arrivassero due navi in soccorso per riportarli in Spagna, dove giunsero finalmente il 7 novembre del 1504; questo ultima esplorazione gli valse la scoperta di molte regioni dell’America centrale fra cui l’attuale Nicaragua, Costa Rica e Panama.
Colombo morì a Valladolid il 20 maggio 1506, vigilia dell’Ascensione, a causa di un attacco di cuore dovuto forse alla sindrome di Reiter, e fu appunto sepolto a Siviglia con tutti gli onori; gli venne messo questo epitaffio sulla tomba:
“… al Regno di Castiglia , & al Regno di Leone il Gran Christoforo Colombo diede , & donò un nuovo mondo …”[A Castilla, y a Leon Nuevo Mondo Dio colon]
Il libro si chiude con un accenno a Ferdinando Cortez e Francesco Pizzarro che scoprirono Messico e Perù.
Molti spunti si possono prendere da queste vicende anche dal punto di vista bibliofilo e bibliografico, certamente colpisce la vicenda del navigatore genovese personaggio discusso in vita e anche ai nostri giorni ma sicuramente rappresentante del più indomito spirito di avventura e della propensione dei Genovesi al commercio e alla navigazione.
N.B. Per una sguardo sulle sue scoperte in lingua inglese cfr. https://sites.google.com/site/scopertasudamerica/columbusintheantilles.
Genova nel 1473

Si distingue La Lanterna e fra le località a Levante, La Spezia.
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